Gli alberi di gelso nelle marche sono come generali di un’armata scalcinata. Rimasti soli nei campi, utili secondo alcuni solo a fare ombra. relegati lontano dai nervosi, fruttiferi ulivi.
Avevano affollato le campagne, quando i piccoli bachi erano essenziali. Poi, le cose cambiano. Qualche contadino ne ha tenuto uno: per ripararsi dal sole. Per riposarci sotto.
Ma il gelso è anche una favola triste e bella:
due giovani babilonesi, Piramo e Tisbe, si amavano alla follia. Un giorno la bella Tisbe andò a bere da una sorgente accanto alla quale si trovava un gelso, i cuoi frutti bianchi arrivavano a terra. Una tigre, rossa del sangue della vittima precedente, la vide, ma la fanciulla riuscì a nascondersi in una grotta. Nella fuga, lasciò cadere a terra il proprio velo e la tigre, furiosa, lo fece a pezzi con artigli e morsi.
Piramo, poco dopo, giunse sul posto e vedendo il velo stracciato dalla tigre pensò che la sua amata fosse stata uccisa dalla belva. Disperato, sguainò la propria e si trafisse il cuore. Tisbe allora accorse, e riuscì a fargli aprire gli occhi un’ultima volta. Poi lui morì ed anche lei si uccise e il gelso, intriso del sangue degli amanti, da allora produsse frutti vermigli. Le more del gelso.
Una storia triste (vi ricorda qualcosa vero?), ma che si addice a questa pianta che viene dall’Oriente e che tanto ha contato nella vita di questa terra.
E il gelso, o moro, è anche una magia. Di questo, però, si parlerà nel prossimo post!! E lo vedrete!
Valeria e il suo gelso magico vi aspettano
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