Il mio itinerario recitava: Visso. Sono stato a Visso: è un paesino delizioso, tutta pietra e montagna, che ha la particolarità di un Museo con i manoscritti di Leopardi: c’è anche il manoscritto dell’Infinito, e questo basterebbe. Se poi ci mettiamo anche il ciauscolo, una specie di salame/salsiccia tipico di queste parti… Niente in contrario, dunque, ma non ho molto tempo ed è una bella giornata, quindi le mie gambe mettono in piedi una sorta di dimostrazione sindacale: vogliono camminare per sentieri. Alla fine le devo accontentare: sono loro che hanno le piante sui pedali, in fondo.

L'Infinito
I Sibillini sono monti nel mezzo dei quali serpeggiano strade avventurose: oggi questo è un parco, hanno reitrodotto alcuni animali, altri sono tornati, si è sviluppato un considerevole turismo. Però, non so se dire purtroppo o per fortuna, alcune cose non sono esattamente “da parco”: è come se gli abitanti di questa zona siano ancora indecisi se dare il benvenuto ai visitatori o farsi i fatti propri. Qualche anno fa venni qui e a forza di cercare le indicazioni di un sentiero ne trovai altri cinque. Ma forse anche questo è il fascino della zona: magari cerchi un ristorante indicato nella guida che ti porti appresso, e però manca la segnaletica con i nomi delle frazioni…
E’ un ecosistema. La montagna caratterizza l’intero paesaggio, ma non si staglia imperiosa: è piuttosto accondiscendente, colorata, non proprio morbida ma sinuosa, questo sì. Negli spazi che lascia alla valle e all’acqua si trovano gli allevamenti delle trote: qui, volendo, si può mangiare un pasto intero a base di trota: dall’antipasto al dolce (!). Per quel che mi riguarda, mi fermo alle eccellenti olive all’ascolana con ripieno di trota anziché di carne 

Da un po’ di tempo non cammino in montagna e, anche se i Sibillini non sono l’Himalaya, preferisco rilassarmi salendo sulla cresta della Sibilla anziché scegliere il Vettore. Dal rifugio Sibilla è poco più che una passeggiata nel verde, lungo un sentierino appena tracciato, si possono anche tagliare gli angoli e si arriva ad un punto panoramico spettacolare: da qui si guarda l’abisso, letteralmente. Speroni di roccia verdeferro, piante insospettabili, nebbia che sale e si lascia attraversare dalla pietra: un paesaggio di Stifter, o di Sean Penn.
Da qui parte il cammino lungo la cresta: una bella passeggiata in bilico, si fa per dire, tra i due versanti del monte, che raccomando, sino alla cima vera e propria e alla famosa grotta della Sibilla, che dei buontemponi anni addietro hanno chiuso per sempre tentando di scardinare l’ingresso con la dinamite.

Non posso farlo, però: sta salendo una foschia che presto si tramuterà in nebbia, capita spesso qui, e avvolgerà le parti alte del monte. Preferisco non fare la cresta con questo tempo incerto, dovesse alla fine piovere, o semplicemente infittirsi la nebbia, procedere diventerebbe un problema. Quindi, siccome si sta davvero bene e tira un venticello fresco, non faccio altro che sedermi sulle spalle del monte e guardarmi attorno per un po’.
Non c’è nulla come la montagna. Non c’è bisogno di salire sulle vette alpine per capirlo: l’aria e le piante, il vento e le macchie di alberi, le forme della roccia che somigliano sempre, inevitabilmente a qualcosa, trasmettono una pace singolare ed unica. Non è la pace del soddisfatto. Non è nemmeno la pace di chi crede di aver capito tutto. Non è una pace saggia, insomma, da santoni indu.

E’ una pace che riunisce attorno a un fuoco i nervi, i muscoli, gli organi e il cervello, e mette tutti sullo stesso piano. In montagna, l’individuo è una democrazia perfetta. Ed è per questo che, in montagna, le persone finiscono per conoscersi meglio che in qualunque altro posto.
So long, Barone Rampante